IL DISORDINE PENSATO. Giardini contemporanei e disegno tessile
- Monica
- 8 mag
- Tempo di lettura: 5 min

Giardini come idee
Per una nuova serie di fantasie per tessuti, il desiderio di partenza è creare un floreale che si discosti dai modelli convenzionali.
Cercavo un motivo che non fosse subito leggibile come "floreale", ma che lasciasse affiorare quella suggestione in modo più lento. Anche la scelta del fiore non è solo estetica, farne un elemento di composizione più che un semplice soggetto.

Da qui è nato il riferimento al giardino contemporaneo. Non inteso come luogo decorativo o pittoresco, ma come sistema, come pensiero. Il giardino contemporaneo non è più solo uno spazio da abitare o coltivare, ma spesso è un dispositivo visivo, progettato per riflettere un’idea di natura mediata dall’uomo. Un luogo in cui il disordine è calibrato, dove ogni pianta ha un ruolo preciso e dove entrano in gioco fattori come sostenibilità, ecosistema e consumo idrico.
Oggi esistono moltissime forme di giardino che vanno in questa direzione: giardini verticali che trasformano le pareti in paesaggi, micro giardini urbani che si insinuano in angoli minuscoli di città, orti d’artista e installazioni verdi pensate più come opere che come spazi da percorrere.
Sono esempi di come la botanica, il design e l’arte visiva si incontrino per creare nuove forme di espressione. In molti casi il giardino diventa quasi un pattern tridimensionale, organizzato in moduli, ritmi, proprio come accade nella progettazione di un disegno.

In questa ricerca, l’idea del giardino mi ha aiutata a costruire un metodo: partire da una forma organica per poi ridisegnarla, scomporla, trasformarla in segno. Il fiore, in questo processo, non è al centro ma è parte di un equilibrio più ampio, che comprende lo spazio tra un elemento e l’altro, il vuoto, il respiro del motivo. Mi sono poi imbattuta in un libro dedicato ai giardini di Piet Oudolf. Le immagini mostravano vegetazione spontanea organizzata secondo un principio di apparente casualità, in cui fili d’erba e fiori perenni si intrecciavano in uno schema inaspettatamente ordinato.
Questo concetto ha fornito la chiave per strutturare una nuova serie di disegni.
Piet Oudolf e il movimento delle piante perenni
Piet Oudolf è una figura centrale nella progettazione del paesaggio contemporaneo.
Il suo approccio si basa sulla costruzione di ecosistemi vegetali che si sviluppano nel tempo, anziché su composizioni decorative statiche.
Il giardino non è un quadro fissato in un momento preciso, ma una struttura in continua evoluzione. Le piante perenni e le graminacee, elementi ricorrenti nel suo lavoro, vengono selezionate non solo per l’aspetto stagionale, ma per il loro comportamento nel ciclo vitale: come crescono, come appassiscono, come si trasformano nel corso dell’anno.

Uno degli aspetti tipici della sua filosofia è l’uso della texture come principio compositivo. Le foglie, i fiori e i semi creano superfici visivamente complesse, in cui la ripetizione di forme simili genera un ritmo organico.
Esempi significativi del suo lavoro includono la High Line di New York, dove la vegetazione segue la linea della vecchia ferrovia elevata, creando un dialogo tra paesaggio urbano e naturale; il Lurie Garden di Chicago, che integra piante perenni con un’architettura di confine geometrica; e il suo giardino privato a Hummelo, in cui ha sperimentato per decenni l’evoluzione delle piante nel tempo.

Questi principi hanno fornito una base di riflessione per la mia ricerca nel design tessile. L’idea di un floreale che emergesse in modo discreto, costruito attraverso stratificazioni di segni e texture, trovava un parallelo nella logica progettuale di Oudolf. Il disegno poteva non essere immediatamente riconoscibile come un pattern floreale, ma suggerire la sua presenza attraverso il ritmo, la struttura e la sovrapposizione di elementi.

Giardini spontanei e autogenerativi
Esiste una forma di giardino che non nasce da un progetto preciso, ma da un'intenzione più sottile: quella di lasciare spazio alla natura, invece di guidarla.
È il caso dei giardini autogenerativi, o dei paesaggi in cui il tempo e l’abbandono hanno creato composizioni vegetali che, pur non essendo pianificate, possiedono un ordine interno, una logica tutta loro.

Il concetto di rewilding – oggi molto discusso nel paesaggismo contemporaneo – parte proprio da qui: sospendere il controllo e osservare come la natura si riappropria dello spazio. È un’azione che sembra passiva, ma in realtà richiede una visione molto precisa.
Decidere di non intervenire, o di farlo il meno possibile, è una scelta progettuale a tutti gli effetti. I risultati, spesso, sono sorprendenti: fioriture casuali, geometrie impreviste, contrasti inaspettati tra specie che in un giardino “tradizionale” non convivrebbero mai.

Ci sono luoghi che oggi vengono studiati proprio per la loro qualità estetica spontanea: ex cave incolte trasformate in ecosistemi pieni di varietà, vecchie rovine dove le radici si intrecciano con la pietra, binari ferroviari dismessi diventati corridoi verdi.
Sono spazi dove il paesaggio si comporta come un pattern vivo: stratificato, imperfetto, in costante mutazione.
La loro forza sta proprio nell’assenza di uno schema rigido, nel modo in cui il disordine trova una sua armonia.
Anche nel mio lavoro questi paesaggi spontanei sono una fonte di ispirazione.
Non come modelli da copiare, ma come esempi di come si possa costruire un disegno partendo da un gesto libero, da un’apparente casualità.
In questi giardini senza confini, il motivo non nasce da un centro, ma si sviluppa per addizione, per tentativi, per relazioni.
Proprio come accade quando disegno a mano libera, lasciando che sia la forma a suggerire la direzione.

Quello che più mi ha colpito, nel guardare ai giardini contemporanei, è la possibilità di lasciare che l’imperfezione prenda spazio. Nei progetti di paesaggisti come Piet Oudolf o Nigel Dunnett, c’è una libertà radicale data alla natura: non un’assenza di regole, ma un’apertura a ciò che si genera spontaneamente, senza prevederlo del tutto.
Le graminacee, i fiori isolati, le linee sottili dei fusti: più che costruire un’immagine, sembrano tracciare un ritmo, una direzione, fatta di vuoti e leggere intersezioni.
È da questa idea che ho voluto partire per la serie di disegni CONTEMPORARY GARDENS: portare nel pattern tessile una logica non regolare, una struttura che si forma per addizione, per appunti. La composizione non cerca la simmetria, né un centro evidente. A volte il fiore è presente, ma come elemento secondario, quasi geometrico in questo senso, il mio lavoro si avvicina più a un disegno astratto che a un classico floreale. Mi interessa la possibilità di costruire superfici dove si senta ancora il gesto, dove il vuoto abbia lo stesso peso del segno, e dove esiste un l’equilibrio tra controllo e spontaneità. Come accade nei giardini che non si mostrano subito, ma che si rivelano piano, attraversandoli.
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Illustrazioni @2025 Monica Bonzano
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